“Dove ti vedi tra cinque anni?” è solo una delle domande che vengono immancabilmente poste durante un colloquio di lavoro. In effetti, esistono alcune domande evergreen che un selezionatore del personale pone sempre, o quasi, a un candidato, dando la sensazione che il copione del colloquio di lavoro sia già stato scritto.
In realtà, questo tipo di domanda (a cui appartengono anche “Quali sono i tuoi punti di forza?”, “Quali vantaggi porteresti al tuo team?”, “Descrivi una situazione critica che sei riuscito a risolvere”…) è utilizzato dai recruiter con lo scopo di capire il più possibile della risorsa che si ha di fronte, per offrire a lei/lui l’occasione per raccontare di sé.
Porre le domande giuste
In questi casi, ciò che il recruiter valuta non è solo il contenuto della risposta (a volte, per di più, non c’è una risposta sbagliata), ma soprattutto la capacità del candidato di mostrarsi a proprio agio nella conversazione, di saper cambiare argomento con disinvoltura, senza dare l’impressione di voler sviare da una domanda scomoda e, quindi, la capacità di giocarsi bene le proprie carte su un piano puramente dialettico.
Anche il recruiter, dal canto suo, può giocare bene le sue carte nel porre le domande giuste che permettano al candidato di spaziare dalla spiegazione delle proprie competenze tecniche allo small talk, ovvero offrire spunti per una conversazione leggera che permetta di conoscere ancora meglio il candidato. Hobby, interessi, provenienza, sono tutti argomenti che, durante il processo di selezione, possono avvicinare il candidato al recruiter per verificare se ci sia quell’intesa fondamentale per l’inserimento di una nuova risorsa nell’azienda.
Comunicazione metaverbale e paraverbale
Le risposte verbali, tuttavia, sono solo uno degli aspetti tenuti in considerazione: la comunicazione metaverbale (linguaggio del corpo) e paraverbale (timbro, intonazione, volume della voce) di un candidato è un elemento chiave che serve a valutarne la personalità.
Mantenere il contatto visivo, un tono di voce chiaro e udibile e il baricentro in avanti, ad esempio, sono elementi importanti che, se ben interpretati, possono comunicare molto su una persona: in particolare, comunicano una personalità trasparente, socievole, proattiva e propensa al cambiamento.
Approfondire il curriculum
Il curriculum è, come sappiamo, lo strumento principale con cui un candidato affronta un processo di selezione; il colloquio si rivela quindi un momento molto utile per approfondire alcuni aspetti del CV che potrebbero non aver convinto il recruiter, come la cronologia dell’attività lavorativa.
Se un candidato ha cambiato diversi lavori durante l’ultimo anno di attività, ad esempio, sarà interesse del recruiter chiederne il motivo: il candidato potrebbe motivare l’instabilità lavorativa con un momento di crisi personale o del mercato del lavoro, come si è verificato recentemente durante la pandemia da Covid-19.
Al contrario, se il candidato riferisce che il continuo cambiare ambiente lavorativo sia dovuto al fatto che non si è trovato bene in nessuna delle precedenti situazioni, è possibile che venga valutato come scarsamente dotato di capacità di adattamento, e non particolarmente adatto a lavorare in squadra.
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